G.
PASCOLI: La grande proletaria si è mossa (1911)
La grande Proletaria si é mossa. Ora l'Italia, la grande
martire delle nazioni, dopo soli cinquant'anni ch'ella rivive,
si è presentata al suo dovere di contribuire per la sua
parte all'umanamento e incivilimento dei popoli; al suo diritto
di non essere soffocata e bloccata nei suoi mari; al suo materno
ufficio di provvedere ai suoi figli volenterosi quel che sol vogliono,
lavoro; al suo solenne impegno coi secoli augusti [ ... 1 si è
presentata possente e serena, pronta e rapida, umana e forte,
per mare, per terra e per cielo. Nessun'altra nazione, delle più
ricche, delle più grandi, è mai riuscita a compiere
un simile sforzo. [ ... 1 Una lunghissima costa era, in pochi
giorni, nei suoi punti principali, saldamente occupata. Due eserciti
vi campeggiano in armi. 0 Tripoli, o Beronike, o Leptis Magna,
voi rivedete, dopo tanti secoli, i coloni dorici e le legioni
romane. [ ... ] Quale e quanta trasformazione! Giova ripeterlo:
cinquant'anni fa l'Italia non aveva scuole, non aveva vie, non
aveva industrie, non aveva commerci, non aveva coscienza di sé,
non aveva ricordo dei passato, non aveva, non dico speranza, ma
desiderio dell'avvenire. Chi vuol conoscere quale ora ella è,
guardi la sua armata (la sua flotta) e il suo esercito. Li guardi
ora in azione. Terra, mare e cielo, alpi e pianura, penisola e
isole, settentrione e mezzogiorno, vi sono perfettamente fusi.
Il roseo e grave alpino combatte vicino al bruno e snello siciliano,
l'alto granatiere lombardo s'affratella col piccolo e adusto fuciliere
sardo. Non tenderanno la mano. La tenderemo noi a loro per averne
una stretta che ci faccia bene al cuore. Non picchieranno alla
porla. Le apriremo noi, a due battenti, le porte, per farli assiedere
al nostro focolare e alla nostra mensa, e udirne i semplici e
magnifici racconti, e consacrare la nostra casa e i nostri figli
a quella, che ci ispira ogni bene, ci tien lontani da ogni viltà,
ci accompagna sempre, e non muta mai: alla Patria a cui quando
ci si rende, e così volentieri, così giocondamente,
cosi sorridenti, la vita che ci diede, ella, ella piange.
Benedetti voi, morti per la Patria! Riunitevi, eroi gentili, nomi
eccelsi, umili nomi, ai vostri precursori meno avventurati di
voi, perché morirono per ciò che non esisteva ancora!
(Giovanni Pascoli, "La tribuna", 27 novembre 1911)
A.
HITLER: La mia battaglia (1924)
Ammettiamo tutti oggi la necessità d'una spiegazione della
nostra politica estera. Essa avrà senso nel solo caso che
significhi per noi (tedeschi) la copertura delle spalle nella
lotta per ingrandire lo spazio in cui si svolge la vita del nostro
popolo (tedesco) in Europa.
Perché non dobbiamo cercare la soluzione di questo problema
nell'acquisto di colonie, ma soltanto nell'acquisto di un territorio
che aumenti la superficie della terra materna. Il diritto a un
nuovo territorio può diventare un dovere se un gran popolo,
in mancanza dell'allargamento dei suo territorio, appare destinato
al tramonto. Soprattutto quando non si tratta di un piccolo popolo
negro ma della Germania, madre di tutta la vita che ha dato il
suo aspetto alla civiltà dei mondo odierno. Noi, nazionalsocialisti
volgiamo lo sguardo alla terra situata all'est. Chiudiamo finalmente
alla politica coloniale e commerciale dell'anteguerra e trapassiamo
alla politica territoriale dell'avvenire. Ma quando, oggi, parliamo
di nuovo territorio in Europa, dobbiamo pensare in prima linea
alla Russia o agli stati marginali ad essa soggetti.
(Adolf Hitler, La mia battaglia, Bompiani, Milano 1938)
|