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Modelli di unione

modello egemonico
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il modello egemonico

- Esempio -

Questo primo modello di unificazione è il modello storicamente più utilizzato e più antico. Per averne un'idea basta pensare alle conquiste dell'impero Romano, al regno di Carlo V, al re Sole, a Napoleone, a Hitler. Si tratta d’esempi in cui il processo d’unità - di un territorio, di una popolazione, ecc. - viene a realizzarsi attraverso l'affermazione di uno stato, di un impero, di un individuo sugli altri. La tradizione geoculturale, la supremazia militare, l'egemonismo politico, il disegno diplomatico, l'uso della forza rappresentano alcuni tra i fattori utilizzati per portare alla realizzazione concreta un progetto d’unità.
Il piano di unificazione viene cioè mandato a effetto attraverso una precisa azione - per lo più militare e diplomatica -condotta in maniera monodirezionale da parte di un singolo (stato, impero, individuo) nei confronti di una collettività (stati, popoli, individui).
Ci si può riferire ad esempi storici di unificazione territoriale (Augusto e Diocleziano; Carlo Magno; Carlo V; Filippo Il, Luigi XIV, Napoleone). Si propongono, a titolo di esempio, due documenti storici del Novecento, nei quali prevale il modello egemonico di unità europea come affermazione di uno stato sugli altri: l'Italia e la Germania; nel primo l'annessione coloniale all'impero italiano di territori africani, nel secondo il programma di un’unificazione militare che verrà tragicamente realizzata.
Il primo documento è il discorso del poeta Giovanni Pascoli pronunciato alla vigilia della guerra di Libia, con la quale l'Italia avrebbe conquistato, come le altre nazioni europee, la sua «porzione» di Africa coloniale. Benché non ci si riferisca propriamente all'unione del territorio europeo, il brano appare significativo dato che in esso si giustificano i valori dell'ideologia civilizzatrice e colonizzatrice di un paese europeo - l'Italia - nei confronti del territorio extraeuropeo. Il progetto di unificazione di un paese europeo con le colonie passa attraverso la propaganda e la retorica. L'Impero italiano conquistatore avocava a sé, secondo Pascoli, un compito formativo e morale - l'«europeizzazione» - nei confronti dei popoli conquistati: ciò bastava a legittimare il piano di annessione di un territorio e di una popolazione ritenuti primitivi ed inferiori ad una nazione giudicata civile e quindi superiore, nel quadro di un progetto di unità più ampia che quella nazionale.
Il secondo documento, il sogno hitleriano di unificare l'Europa sotto l'egemonia tedesca, inizia con l'espansione verso est (Drang nach Osten): la teoria dello «spazio vitale» di un popolo superiore (tedesco) si concretizzerà poi nella violenza e nelle atrocità naziste.

G. PASCOLI: La grande proletaria si è mossa (1911)
La grande Proletaria si é mossa. Ora l'Italia, la grande martire delle nazioni, dopo soli cinquant'anni ch'ella rivive, si è presentata al suo dovere di contribuire per la sua parte all'umanamento e incivilimento dei popoli; al suo diritto di non essere soffocata e bloccata nei suoi mari; al suo materno ufficio di provvedere ai suoi figli volenterosi quel che sol vogliono, lavoro; al suo solenne impegno coi secoli augusti [ ... 1 si è presentata possente e serena, pronta e rapida, umana e forte, per mare, per terra e per cielo. Nessun'altra nazione, delle più ricche, delle più grandi, è mai riuscita a compiere un simile sforzo. [ ... 1 Una lunghissima costa era, in pochi giorni, nei suoi punti principali, saldamente occupata. Due eserciti vi campeggiano in armi. 0 Tripoli, o Beronike, o Leptis Magna, voi rivedete, dopo tanti secoli, i coloni dorici e le legioni romane. [ ... ] Quale e quanta trasformazione! Giova ripeterlo: cinquant'anni fa l'Italia non aveva scuole, non aveva vie, non aveva industrie, non aveva commerci, non aveva coscienza di sé, non aveva ricordo dei passato, non aveva, non dico speranza, ma desiderio dell'avvenire. Chi vuol conoscere quale ora ella è, guardi la sua armata (la sua flotta) e il suo esercito. Li guardi ora in azione. Terra, mare e cielo, alpi e pianura, penisola e isole, settentrione e mezzogiorno, vi sono perfettamente fusi. Il roseo e grave alpino combatte vicino al bruno e snello siciliano, l'alto granatiere lombardo s'affratella col piccolo e adusto fuciliere sardo. Non tenderanno la mano. La tenderemo noi a loro per averne una stretta che ci faccia bene al cuore. Non picchieranno alla porla. Le apriremo noi, a due battenti, le porte, per farli assiedere al nostro focolare e alla nostra mensa, e udirne i semplici e magnifici racconti, e consacrare la nostra casa e i nostri figli a quella, che ci ispira ogni bene, ci tien lontani da ogni viltà, ci accompagna sempre, e non muta mai: alla Patria a cui quando ci si rende, e così volentieri, così giocondamente, cosi sorridenti, la vita che ci diede, ella, ella piange.
Benedetti voi, morti per la Patria! Riunitevi, eroi gentili, nomi eccelsi, umili nomi, ai vostri precursori meno avventurati di voi, perché morirono per ciò che non esisteva ancora!
(Giovanni Pascoli, "La tribuna", 27 novembre 1911)

 A. HITLER: La mia battaglia (1924)
Ammettiamo tutti oggi la necessità d'una spiegazione della nostra politica estera. Essa avrà senso nel solo caso che significhi per noi (tedeschi) la copertura delle spalle nella lotta per ingrandire lo spazio in cui si svolge la vita del nostro popolo (tedesco) in Europa.
Perché non dobbiamo cercare la soluzione di questo problema nell'acquisto di colonie, ma soltanto nell'acquisto di un territorio che aumenti la superficie della terra materna. Il diritto a un nuovo territorio può diventare un dovere se un gran popolo, in mancanza dell'allargamento dei suo territorio, appare destinato al tramonto. Soprattutto quando non si tratta di un piccolo popolo negro ma della Germania, madre di tutta la vita che ha dato il suo aspetto alla civiltà dei mondo odierno. Noi, nazionalsocialisti volgiamo lo sguardo alla terra situata all'est. Chiudiamo finalmente alla politica coloniale e commerciale dell'anteguerra e trapassiamo alla politica territoriale dell'avvenire. Ma quando, oggi, parliamo di nuovo territorio in Europa, dobbiamo pensare in prima linea alla Russia o agli stati marginali ad essa soggetti.
(Adolf Hitler, La mia battaglia, Bompiani, Milano 1938)

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