Appena
terminata la Seconda Guerra Mondiale la situazione che coinvolgeva tutti
i paesi Europei era drammatica. Dopo nemmeno venticinque anni dal termine
della prima guerra si ripresentava davanti all’Europa la necessità
di una pace stabile e duratura che potesse accompagnare una ricostruzione
quanto mai difficile e lunga. Ma, stavolta, sembrava che qualcosa fosse
cambiato davvero nel cuore degli europei. Il continente che fino a pochi
anni prima aveva fatto da scenario ad una delle più nefaste guerre
della storia che l'umanità avesse mai conosciuto sembrava aver
finalmente capito quanto detto da Victor Hugo più di un secolo
prima:
V.
HUG0: Discorso al congresso della pace di Parigi (1849)
Verrà un giorno in cui anche a voi cadranno le armi di mano! Verrà
un giorno in cui la guerra vi parrà altrettanto assurda e impossibile
tra Parigi e Londra, tra Pietroburgo e Berlino, tra Vienna e Torino quanto
sarebbe impossibile e vi sembrerebbe assurda oggi tra Rouen e Amiens,
tra Boston e Filadelfia. Verrà un giorno in cui voi Francia, voi
Russia, voi Italia, voi Inghilterra, voi Germania, voi tutte, nazioni
del continente, senza perdere le vostre qualità distinte e la vostra
gloriosa individualità, vi fonderete strettamente in un'unità
superiore e costituirete la fraternità europea, esattamente come
la Normandia, la Bretagna, la Borgogna, la Lorena, l'Alsazia, tutte le
nostre province si sono fuse nella Francia. Verrà un giorno in
cui non vi saranno altri campi di battaglia all'infuori dei mercati aperti
al commercio e degli spiriti aperti alle idee. Verrà un giorno
in cui le palle di cannone e le bombe saranno sostituite dai voti, dal
suffragio universale dei popoli, dal reale arbitraggio di un grande senato
sovrano che sarà per l'Europa ciò che il parlamento è
per l'Inghilterra, ciò che la dieta è per la Germania, ciò
che l'assemblea legislativa è per la Francia. Verrà un giorno
in cui si vedranno questi due immensi gruppi, gli Stati Uniti d'America,
gli Stati Uniti d'Europa posti in faccia l'uno dell'altro, tendersi la
mano al di sopra dei mari, scambiarsi i loro prodotti, il loro commercio,
la loro industria, le loro arti, i loro talenti, dissodare il globo, colonizzare
i deserti, migliorare la creazione sotto lo sguardo del Creatore.
(V.Hugo, Discorso tenuto al congresso della pace di Parigi, 21/08/1849)
Così, quasi come se fossero spinte da queste parole profetiche,
le nazioni europee iniziarono quel lungo cammino di cooperazione e sviluppo
che è culminato, in questi ultimi anni, nella creazione degli Stati
Uniti d’Europa e del suo primo presidente.
Era il 9 maggio 1950 quando il piano Schuman suggeriva ai paesi europei
di stabilire una politica comune per le industrie del carbone e dell'acciaio
e poco meno di un anno dopo nasceva la CECA. Il 18 aprile 1951 veniva
istituita la Comunità europea del carbone e dell'acciaio (CECA);
vi aderiscono Belgio, Francia, Germania, Italia, Lussemburgo e Paesi Bassi.
La spinta all’integrazione sembrava molto forte a sei anni dalla
fine del conflitto ma ben presto si mise in chiaro che il cammino che
avrebbe dovuto portare all’unificazione non era facile e lineare
come molti, i più ottimisti, si aspettavano. Infatti, nel 1954
il parlamento francese ratificò l’atto di costituzione della
CED (la Comunità Europea di Difesa) e si capì chiaramente
che l’Europa non era ancora pronta ad affrontare un passo simile.
Caduta la possibilità d’integrazione delle forze armate rimanevano
due possibili strade che la cooperazione continentale poteva percorrere:
la via Economica e la via Politica. Tra le due si optò per la prima
e questa scelta si rivelò quella giusta. I tassi di crescita delle
economie che i vari stati conobbero negli anni dal ’50 al ’80
furono tra i più alti del mondo e solo alla fine del secolo scorso
e agli inizi del nostro ci fu un rallentamento di questa corsa ma questo
fu principalmente dovuto a una serie di variabili macroeconomiche che
colpirono l’economia globale in quel periodo.
A fornire una prova degli ottimi risultati che si ottennero nel campo
dell’integrazione economica fu l’adesione nella Comunità
di altri paesi del continente fino ad arrivare a comprendere 25 Paesi
nel 2004, anzi fino ad arrivare a creare l’Europa dei Venticinque.
Evento di portata storica particolarmente rilevante fu l’ingresso
il 1° maggio 2004 di 10 stati appartenenti all’ormai tramontato
Patto di Varsavia, caduto con il crollo dell’Unione Sovietica, che
sancì l’ormai completata fase di transizione per questi paesi
da un’economia comunista ad una, seppur giovane e ancora fragile,
di mercato. Le new entri furono le repubbliche baltiche (Estonia, Lettonia
e Lituania), la Polonia, l’Ungheria, la Repubblica Ceca, la Slovacchia,
la Slovenia, Malta e Cipro. E anche se oggi, nel 2024, comprende la quasi
totalità degli stati dei balcani e dell’Europa orientale,
uscendo perfino fuori dai confini geografici di pertinenza per l’adesione
di Paesi non Europei, l’Unione Europea non ha ancora terminato l’espansione
della sua sfera di influenza come lasciano presagire i sempre più
stretti rapporti che si stanno creando con la Federazione Russa.
La situazione creatasi in Europa presentava ancora molte altre peculiarità
con l’odierna situazione del Patto di Ferro. Si ricorda il recente
dibattito che tanto scalpore ha fatto tra i politici dei Paesi aderenti
al Patto?? Negli archivi delle amministrazioni europee potrà trovare
qualcosa di simile in data 6 Maggio 2004. Presenti ad una trasmissione
televisiva italiana, quattro politici di differenti orientamenti furono
interpellati per analizzare l’allora recente ingresso dei suddetti
10stati nell’UE il primo di quel mese. Per ordine di intervento,
Enrico Letta, Giorgio La Malfa, Giancarlo Paglierini e Giulietto Chiesa
hanno presentato un quadro generale positivo dell’Europa che si
andava costruendo ma che mostrava in alcuni punti delle gravi lacune.
Punto comune d’accordo era l’allora primario problema energetico
(Le ricorda qualcosa Governatore?!) che doveva essere affrontato in chiave
europea e non nazionale. Le differenti politiche portate avanti dai singoli
erano sovente causa di aspre polemiche e uno degli argomenti chiave delle
campagne elettorali. Il nucleare sembrava poter essere l’unica soluzione,
ma presentava dei non trascurabili effetti “collaterali”:
le scorie risultanti dalla processo di fusione. A questo problema rispose
Chiesa proponendo una Russia non più lontana ma dentro l’Europa
unita. Era al tempo la Russia uno stato che versava in una grave situazione
economica e che non riusciva a sfruttare propriamente gli immensi giacimenti
di cui disponeva, in primis petrolio e gas. Per Chiesa, Europa e Russia
erano due pezzi di un puzzle perfettamente coincidenti avendo la prima
i capitali necessari al paese asiatico per far decollare la sua economia
e la seconda le risorse energetiche di cui il vecchio continente era carente.
Il secondo problema emerso da quel dibattito e portato avanti dal Pagliarini
era quello dell’unificazione politica che si rendeva necessaria
per poter portare avanti l’Europa dei venticinque. Il problema che
si andava creando era quella di vedere un’Europa a due velocità
il che non era ammissibile per i principi su cui si fondava l’idea
stessa di integrazione portata avanti fino a quel momento. La Costituzione
Europea, che divenne realtà nel primo decennio del secolo in corso,
si presentava come l’unica soluzione alla situazione che si stava
delineando, ma era soltanto una fase transitoria come ben presto si capì.
Infatti, nonostante l’Euro, la Costituzione, il Mercato Unico ci
avessero messo mezzo secolo per poter vedere la luce il cammino non si
era affatto fermato e pure oggi pare non aver bloccato la sua corsa. Così
ci fu prima l’integrazione economica e, in seguito, l’unificazione
politica (e cronaca recente l’elezione a capo dell’Europa
del primo presidente della sua storia) come aveva ancora una volta profetizzato
un personaggio del passato che così scrisse l’anno del “giovedì
nero”:
A.
BRIAND: Gli Stati uniti d'Europa (1929)
Penso che tra popoli che geograficamente sono raggruppati, come i popoli
d'Europa, dovrebbe esserci una sorta di legame federale; questi popoli
dovrebbero avere in ogni momento la possibilità di entrare in contatto,
di discutere i loro interessi, di prendere risoluzioni comuni e di stabilire
tra loro un legame di solidarietà, che li renda in grado, se necessario,
di far fronte a qualunque grave emergenza che possa intervenire. E’
questo il vincolo che intendo forgiare. Evidentemente l'Associazione agirà
soprattutto in ambito economico; è la questione più urgente.
Credo che vi si possa ottenere un successo. Ma sono altresì sicuro
che dal punto di vista politico, dal punto di vista sociale, il legame
federale, senza intaccare la sovranità di nessuna delle nazioni
che potrebbero far parte di una tale associazione, potrebbe essere benefico.
(Europa, la più nobile, la più bella... cit., p. 199)
Davide
Diana
(è ancora da completare, ma non me la sentivo di lasciarvi
senza niente )
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